giovedì 21 maggio 2015

La carne come frutto della caccia Rivalutiamo la "borsina


Questo editoriale comparso sul 3° numero del nostro periodico URCA Informa, ha suscitato un certo interesse nei nostri lettori. Lo proponiamo ora come sondaggio

Nel gergo comune, in particolare all'esterno delle squadre di braccata e di girata al cinghiale, la così detta "borsina" è la percentuale di carne che ogni partecipante alla cacciata giornaliera si porta a casa in base ai cinghiali abbattuti.
E' proprio da questo mondo (spesso anche venatorio) che la "borsina" viene sovente associata a qualcosa di negativo in quanto starebbe a significare che si caccia per interesse e non per divertimento.
Ma forse, come si suol dire, "è qui che casca l'asino", infatti, cacciare per procurasi carne buona e genuina è di fatto la prima ragione che giustifica e nobilita la caccia.
Non ci illudiamo di convincere ambientalisti e animalisti nostrani, ma è innegabile che una forma di caccia sostenibile e tecnicamente in grado di produrre la minore sofferenza possibile agli animali, è non solo il modo più civile per procurarsi buona carne sempre più apprezzata anche dal pubblico estraneo alla caccia, ma è anche il solo strumento che ci consente di governare con efficacia e umanità le dinamiche che scaturiscono da un aumento naturale ma incontrollato di alcune specie animali come ad esempio gli ungulati.
Pur con tutte le motivazioni sociologiche e storiche che legano l'Uomo alla caccia, chi pretende oggi di cacciare per puro divertimento fuori da qualsiasi contesto di gestione faunistica e tutela dell'ambiente, giustifica purtroppo coloro che affermano essere indice di scarsa intelligenza divertirsi ad uccidere animali.
Infine, una ulteriore considerazione finale riservata a coloro che vedono nella caccia una pratica crudele, ricordiamo che il grado di sofferenza di un animale vissuto sempre nella più completa libertà che nell'azione di caccia passa dalla vita alla morte in un baleno, spesso senza nemmeno accorgersene, non è paragonabile a quanto patito da molti animali da macelleria allevati in cattività.
Dobbiamo essere consapevoli che vietando la caccia si avrebbe un effetto insignificante sul numero degli animali uccisi, risultati rilevanti si possono ottenere solo riducendo la domanda di prodotti provenienti dal mondo animale. Ad esempio consumando tutti meno carne.
                                                                                                     Franco Odorici

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13 commenti:


  1. Commento, se fossi uno sparatore, preferirei che l’atc mi assegnasse una quota di ¾ fagiani in AFV, cosi da poter fare almeno qualche tiro, e l’ATC risparmierebbe accontentando tutti.

    Ma sarebbe assai meglio provveder ad una accurata gestione. Meglio non cacciare per qualche anno, ma riuscire a riaffermare la piccola selvaggina naturale.
    Domenico Medici

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    1. BISOGNA ESSERE SPARATORI PER AVERE LA SPERANZA DI VEDERE UNA BELLA FERMA SU STARNE O PERNICI E MAGARI UNA BELLA GUODATA SU FAGIANO CHE VA VIA DI PEDINA PER POI MAGARI INCARNIERARLO? SONO CINQUANT'ANNI CHE METTO MANO AL PRTAFOGLI PER ANDARE A CACCIA E NE HO VISTE E SENTITE DI TUTTI I COLORI; CON LA CREAZIONE DEGLI A.T.C. SI DICEVA CHE LA GESTIONE FATTA DIRETTAMENTE DAI CACCIATORI AVREBBE CERTAMENTE RISOLTO OGNI PROBLEMA MA, DOPO 24 ANNI, MI ACCORGO CHE è STATO UN VERO FALLIMENTO MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO ALMENO I POLITICI -PER SCOPI ELETTORALI- FACEVANO RIPOPOLAMENTI MASSICCI ED A VOLTE ...AVANZAVA... QUALCHE ANIMALE!.
      CHIUDIAMIO LA CACCIA PER DI PIù DI QUALCHE ANNO, TANTO I SIGNORI POTRANNO SEMPRE ANDARE A CACCIA ALL'ESTERO...! è PROPRIO VERO: IL CETRIOLO FINISCE SEMPRE NEL CU... DELL'ORTOLANO ....
      Dan - Pescara

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  2. Io propenderei per la immissione di selvaggina solo eccezionalmente e solamente se
    l'operazione è affiancata da un serio progetto gestionale di riequilibrio delle densità
    gestionali,e aggiungerei ,utilizzare a scopo venatorio solo il frutto dell'investimento.
    mi giunge notizia che la Svezia abbonda di lepri Europee in salute. Claudio Mazzoli.

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    1. Dal momento che ho iniziato a commentare alcune proposte fatte da alcuni colleghi del momdo venatorio, proseguo nel rispondere al Sig. Claudio dicendo che l'immissione di selvaggina solo eccezionalmente potrebbe avere una sua ragione solo se immaginiamo che il mondo venatorio non esistesse affatto e quindi non si dovrebbero, di conseguenza, fornire delle risposte a delle giuste aspettative visato che per alimentare la nostra passione vengono spesi (da noi cacciatori) fior fiori di soldoni non solo in costose attrezzature che reggono una economia importante ma puranche una considerevole quantità di €uroni (mi sia consentita la battuta) in TASSE!
      L'operazione derivante da un..."serio progetto gestionale"... di riequilibrio delle densità delle popolazioni di selvatici, quindi, sarebbe auspicabilmente necessaria ma, purtroppo, trova diverse diffisoltà sulla sua realizzazione pratica per diverse e variegate situazioni negative.
      Prima fra tutte la mancanza di disponibilità di VERI selvatici da immettere sul territorio che possano sopravvivere non solo alle doppiette per scaltrezza e rusticità ma anche a quelli che potrebbero essere i suoi nemici naturali, oltre l'uomo (volpe a due gambe), ma anhe a quelle che riserva ad essi la stessa loro natura oltre al territorio che li ospita. In condizioni normali una immissione (facciamo un esempio) di 1000 fagiani nelle giuste proporzioni fra maschi e femmine, vede, dopo il primo mese dal lancio in periodo di caccia chiusa, una mortalità naturale di circa il 40-45% ed oltre; molti di essi non deporranno uova, quindi non si riprodurranno, chi rimane resterà vittima di attrezzi agricoli dirante i lavori dei campi, molti saranno vittime di incidenti stradali, ed il numero dei sopravvissuti dovrà fare i conti con le famose volpi a due gambe (leggi bracconieri) un'altra importante percentuale se la dovra vedere, aimè, con animali opportunisti ed invadenti cinghiale compreso, con le vere Volpi che giustamente ci campano e certamente non moriranno mai di indigestione come qualcuno al contrario pensa, e poi ... quello che rimane se rimane qualcosa andrà a fare i conti( si fa per dire) con il fortunato cacciatore,uno de pochi 6/700mila, ma quanti crediate che siano? pochi, pochissimi fagiani di queli 1000 che ne erano all'inizio. e sapete perchè? perche con la campagna che è in via di abbandono continuo, le coltivazioni orticole che oramai sono una chimera al contrario di quelle intensive ottenute con concimazioni chimiche, disserbanti, pesticidi ed in ultimo perche gli allevatori di selvaggina rispondono a logiche di allevamento improntate sul pronta caccia, gli animali non sanno covare, provengono tutti da uova schiuse in incubatrici.
      Per quanto riguarda poi la Svezia: quanti cacciatori sono in totale? che territorio c'è inurbato? i cacciatori svedesi rispettano le leggi? la Svezia ha mai importato animali con virus patogeni che poi hanno creato pandemie all'interno delle popolazioni di selaggina autoctona come è avvenuto negli anni 50/60 con la lepre italica?
      Rimedio: o accontentarsi o smettere di andare a caccia, oppure,ultima analisi trasferirsi in Svezia.

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  3. Immettere selvaggina solo eccezionalmente e solamente se l'operazione è affiancata da un serio progetto gestionale di riequilibrio delle densità ottimali.

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  4. Dopo aver rovinato tutto quello che c'era da rovinare, siamo ancora qui a fare i sondaggi della "nonna in carriola" sulle immissioni si o no. Ma sarà giunto il momento di discutere di cose serie, o continuiamo con il circo? Romano cacciatore

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  5. Per me l'opzione valida è la seconda

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  6. Se le immissioni fossero cosa seria andrebbero in alcuni casi andrebbero bene, purtroppo i controlli sanitari non sono sufficienti. Spesso si rischiano problemi genetici o contaminazioni di malattie alle popolazioni autoctone. Scelgo LA SECONDA

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  7. Come possiamo definirci cacciatori e poi sparare ad animali allevati in voliere....?

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  8. necessita ripristinare campetti a perdere, voliere ed ogni altro accorgimento atto a salvaguardare gli animali lanciati provenienti da allevamenti spesso non ben attrezzati sotto il profilo sanitario. Gli ATC debbono avere veterinari di fiducia che segua la selvaggina che si prefigge di acquistare dall'allevamento al lancio. Dopo di ciò si può optare per la seconda ipotesi.

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